La regina italiana del TT: intervista con Francesca Giordano

Donne e Isola di Man. Un duo assolutamente affascinante, soprattutto se si parla di road racers italiane. La nostra “Queen of the Mountain” si chiama Francesca Romana Giordano e suo è il record per una fanciulla di casa nostra all’isola di Man. Record che risale addirittura al 1996. 

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Francesca Giordano al TT 1992 (foto: John Watterson)

Nata a Roma, appassionata di moto, di vela, di ping pong, studentessa di architettura all’Università di Londra, la sua bellezza genuina le avrebbe tranquillamente potuto far seguire le orme da attrice della sorella Domiziana. Ma Francesca aveva altri progetti.

L’esordio nelle corse nel lontano 1989, spaziando dal Campionato Italiano Femminile alla Sport Production, fino alle tre avventure all’isola di Man. La prima nel 1992, finita con una mancata qualificazione a causa di un grippaggio; segue il 1993, con il 29° posto nella Supersport 400 su Gloucester Kawasaki; e poi il glorioso 1996, con un 53° posto nella Lightweight 400 su Yamaha Bill Smith Motors (gara vinta nientemeno che da Joey Dunlop) e un 68° nella Junior TT con una Yamaha 600 (gara vinta da Philip McCallen), durante la quale Francesca Giordano fa segnare un best lap a 92.54 miglia orarie di media, record tuttora imbattuto per una donna italiana all’Isola di Man. 

Chiacchiero con Francesca mentre lei si trova in Portogallo, in uno dei rari momenti liberi nella sua attuale attività di velista. E assieme ripercorriamo quei suoi momenti da road racer, a distanza di ben 20 anni…

 

Francesca, cosa ti ha portata a correre su strada?

Sentii parlare per la prima volta dell’Isola di Man dal mio ragazzo dell’epoca, appassionato di moto e di Tourist Trophy; ne parlava sempre e ormai mi aveva incuriosita. Poi nel 1989 iniziai a correre in pista ma lui non ne era molto felice, finché ci lasciammo. Nel ’91, al mio terzo anno di Trofeo Femminile Italiano, lessi un articolo su Motosprint scritto da Roberto Patrignani, giornalista e pilota TT: la “Mike Hailwood Foundation” cercava piloti stranieri che volessero correre all’isola di Man, finanziandoli. Emozionatissima, chiamai Motosprint chiedendo di parlare con Patrignani, mio idolo. Lui mi disse di presentarmi ad una cena a Tivoli una certa sera per parlarne; andai lì da sola, con la mia macchina, da Roma, e c’era Geoff Duke insieme a tanti motociclisti… Da quel momento partì tutto. Nel gennaio ’92 mi invitarono sull’isola in aereo e mi fornirono una moto per imparare il tracciato; andavo in giro per l’isola a gennaio in moto vestita come l’omino Michelin! Poi lo stesso Duke mi portò a fare vari giri del Mountain Course, insegnandomi trucchi e passaggi; mi portava anche a prendere il the con sua moglie e sua madre, insomma fu bellissimo!

 

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Francesca e Geoff Duke (foto: John Watterson)

Come fu accolta una donna italiana all’Isola di Man in quegli anni?

Molto bene. Innanzitutto non avevo problemi con la lingua perché avevo fatto l’Università in Inghilterra. L’isola poi è fantastica perché nel paddock eravamo tutti assieme, con Joey Dunlop, Steve Hislop, tutti i grandi. E mi conoscevano tutti, andavo a prendere il giornale al mattino e la gente per strada mi salutava chiamandomi per nome! Gli altri piloti mi hanno anche portato a casa di Gwen Crellin, la famosa “dama bianca”; per anni poi le inviai biglietti di auguri!

 

 

Come ti sei preparata fisicamente e mentalmente per una gara così lunga? 

Fisicamente sono sempre stata allenata, andavo in palestra tre volte a settimana. Per imparare il tracciato invece avevo due video, uno di Steve Hislop e uno di Nick Jefferies, e me li guardavo tutte le sere. Poi normalmente andavo sull’isola a gennaio-febbraio e con una macchina fornitami dal concessionario Corkills facevo moltissimi giri per imparare tutte le curve e le marce. Io ero quel tipo di pilota che ragiona molto con le marce, mi ricordavo esattamente il punto in cui cambiare marcia. E poi importantissime erano le prove, che si facevano alle 5 di mattina; alle 4 c’erano le verifiche e mi alzavo alle 3.30. Tenendo conto che il mio cervello inizia a funzionare dopo mezzogiorno, mi dicevo sempre “ma che caspita faccio qui alle 5 del mattino?!”.

 

Hai mai incontrato delle particolari difficoltà al Tourist Trophy?

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Francesca al Ballaugh Bridge su Yamaha 400, TT 1996 (foto: John Watterson)

Subito nel 1992, perché l’Aprilia Sport Production con cui correvo grippò in prova e non mi qualificai. Poi tornai nel ’93 con la Kawasaki 400 di Allan Warner, mio manager e compagno di squadra; feci le prove anche con il 600, ma poi quello di Allan si ruppe e in gara usò il mio, perciò io corsi solo con il 400. Ebbi anche un incidente quell’anno e fui portata per precauzione in ospedale. Nel ’96 arrivai all’Isola convinta di avere una Yamaha 600 e un team, come mi era stato detto, ma ci trovai solo la moto, senza nemmeno un meccanico; fortunatamente un altro pilota si prestò a farmi assistenza e riuscii a correre.

 

 

 

E proprio nel 1996  hai fatto segnare un record, tuttora imbattuto, come donna italiana più veloce di sempre all’isola di Man.

Ah, ho un record? Bene, non lo sapevo! Non seguo molto le gare ora. 

 

Esatto, perché hai smesso?

Sostanzialmente per mancanza di sponsor. Io correvo grazie agli sponsor, le moto me le davano gratis; anche se alla fine ti trovavi sempre con dei conti da pagare, contrariamente agli accordi. Mi sono poi dedicata alla vela, altra grande passione, e ho smesso anche di seguire le corse, altrimenti se qualcuno mi avesse chiamata per correre sarei tornata subito. L’isola di Man è qualcosa che rimane dentro per tutta la vita. Vedi, ora parlandone con te mi è tornata voglia di correre!

 

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Francesca e Steve Hislop al Creg-ny-Baa (foto: John Watterson)

Io non vedrei l’ora di vederti correre ancora Francesca! Al di là del TT, comunque, nel 1996 hai corso anche all’Ulster Grand Prix e alla Skerries 100.

Skerries andò bene, feci dei tempi buoni, da metà classifica. Anche se pioveva a dirotto durante le prove, riuscivo a malapena a vedere le luci della moto davanti. All’Ulster invece si ruppe la leva del cambio durante la prima gara e non conclusi niente; peccato perché ricordo che feci proprio una bella partenza. Comunque ci trovai un ambente bellissimo, anche se all’inizio non riuscivo a capire perché facessero le prove solo al pomeriggio. Poi lo scoprii: la sera si ubriacavano tutti e al mattino erano tutti sbronzi! 

 

Hai corso su strada anche in Italia, nelle gare in salita, non è vero?

Sì, un bell’ambiente, ma ci capitai per caso. Sono stata per 2-3 anni socia del Moto Club Firenze e una volta mi diedero una moto per fare una gara in salita; pensavo ci andasse tutto il Moto Club, ma il giorno dell’incontro mi caricarono la moto sul carrello, mi diedero una cartina e mi salutarono. Dovevo andare da sola! Comunque feci presto amicizia con gli altri piloti, qualcuno mi aiutò, andò tutto bene e andai anche ad altre gare!

 

Qual è stato il pilota che ti ha maggiormente ispirata durante la tua carriera?

Io iniziai a correre nella Sport Production, con Capirossi, Biaggi, Rossi, Gresini. Valentino e Capirossi in particolare erano fantastici e conservo un bel ricordo. Nelle road races invece Steve Hislop era un mito per me, e ovviamente Joey Dunlop e il fratello Robert. A proposito di Steve Hislop, ci facevano spesso foto assieme, e un giorno dopo lo shooting gli ho chiesto “Bene Stevie, ora ci possiamo baciare?”. Purtroppo era già fidanzato!

 

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Una reazione a La regina italiana del TT: intervista con Francesca Giordano

  1. francesco valentini ha scritto:

    Ottimo articolo mi ha fatto rivivere momenti felici: io ero sull’isola nel 1992 e ho tifato per Francesca che era la beniamina della stampa locale e del grande Duke.
    L’ho incontrata sul traghetto dopo la sfortunata eliminazione e abbiamo scambiato qualche parola, la ricordo con grande simpatia e ammirazione.

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